DOPING: gli integratori “puliti”

IN PHARMA

Quando si parla di doping si pensa immediatamente a cocktail di farmaci e agli atleti professionisti impegnati nelle competizioni di alto livello. Ma in realtà il fenomeno è molto più ampio e può interessare anche gli integratori alimentari e il functional food e coinvolge ampie fasce di sportivi di tutti i generi, dal ciclista della domenica a chi gioca a calcetto con gli amici una volta la settimana, fino a salire di categoria.

La cultura dell’attività fisica sana e sicura per la salute passa attraverso molte strade: informazione, educazione, esempi virtuosi di società che si impegnano a mantenere comportamenti etici, ma anche prodotti certificati no doping, che possono essere assunti in tranquillità da tutti gli sportivi. No Doping Life è un’associazione no profit nata proprio con l’intento di tutelare la salute nell’attività sportiva e di farlo anche attraverso il controllo e la certificazione di nutraceutici doping free. Ne parliamo con Alberto Martina (nella foto), professore del Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Pavia e socio fondatore dell’associazione, nonché past president.

Perché è nata No Doping Life?

No Doping Life è nata dalla considerazione dell’enorme sviluppo del settore degli integratori, compresi quelli utilizzati per migliorare l’attività energetica a livello muscolare o dei mitocondri, quindi da usare sia negli anziani, con problemi di stanchezza e astenia, sia per la pratica sportiva, il tempo libero e lo sport professionistico. Dai classici magnesio e potassio, agli antiossidanti, agli energizzanti, sugli scaffali esistono migliaia di referenze. La seconda considerazione ha riguardato il mondo dello sport, amatoriale o professionistico, caratterizzato dall’emergere sempre più frequente

di fenomeni di denuncia di attività dopanti a qualunque titolo. Nel doping a livello sportivo giocano un ruolo importante i singoli atleti, ma anche le società sportive.

Quello degli integratori alimentari e del functional food è un mercato importante nel nostro Paese. L’Italia è al primo posto in Europa.

Ricordo che secondo le stime più frequenti di FederSalus, e anche di altre organizzazioni, quest’anno il mercato globale degli integratori in Italia raggiungerà a valori circa 3 miliardi di euro. Quindi uno sviluppo enorme. E sono nate negli ultimi anni anche tante start up che si occupano di integratori. Aziende che, senza avere una grande massa critica, stanno nel range tra i 100mila e il milione di euro di fatturato. Oggi in Italia sono circa 2000 le aziende che si occupano di integratori.

Inoltre, non dimentichiamo che molti di questi prodotti non vengono acquistati presso una farmacia, canale che movimenta circa il 90% delle vendite, ma nel mare magnum della rete. Le barrette energizzanti, i gel, gli zuccheri a rapido assorbimento… In alcuni casi, e non troppo eccezionali, è difficile capire come vengono prodotti, in quale Paese, con quali ingredienti. L’acquisto in rete senza alcun tipo di filtro riguarda soprattutto sportivi amatori che vogliono migliorare la performance e che hanno bisogno di tenersi su.

Esistono organismi a livello europeo o mondiale per la certificazione di integratori e alimenti no doping?

A livello internazionale, l’unica agenzia che si occupa di antidoping, ma soltanto per quanto riguarda i farmaci, è la WADA, la World anti-doping agency. La Wada ha messo a punto una lista di circa 350 prodotti, tutti farmaci con effetto dopante. A livello europeo, invece, alcune aziende di nutraceutica con forti interessi nel settore sportivo si rivolgono talvolta per analisi di tipo biochimico al laboratorio di Colonia, che analizza da un punto di vista chimico un singolo integratore, uno dei 18mila brand che ci sono in circolazione, e lo iscrive nella Lista di Colonia, integratori testati per verificare l’assenza di sostanze proibite o dopanti. Ma questa certificazione riguarda singoli prodotti, e non tutta la panoplia dei prodotti integratori in commercio.

Come portate avanti il progetto di una nutraceutica doping free?

La No Doping Life ha creato un sistema di certificazione no doping per quanto riguarda non soltanto integratori, alimenti e bevande, ma anche aziende produttrici e società sportive. Per creare una filiera che lavori contro il doping sono necessari a nostro avviso tre elementi: un comitato scientifico di grande rilevanza, in grado di promuovere in modo autorevole, con interviste e articoli, la cultura della nodoping life; un ente certificatore, che valuta i prodotti e l’adesione delle aziende al manifesto etico; e infine un marchio riconoscibile per i consumatori e per gli addetti ai lavori, che comunichi questo contenuto.

Come è strutturata l’associazione?

Il comitato scientifico comprende personalità importanti del mondo dello sport, come il professor Enrico Castellacci, medico della nazionale italiana di calcio, e lo stesso nostro neopresidente, il professor Giuseppe Capua, past president della Commissione Antidoping della Figc (Federazione Italiana Giuoco Calcio), e attualmente membro della Commissione medica federale. Non posso citarli tutti, ma posso dire che sono tutte autorevoli voci del mondo dello sport e del mondo accademico legato alla nutraceutica. Chiunque può associarsi a NDL, se condivide il nostro manifesto etico: medici, farmacisti, formulatori, giornalisti, privati cittadini, ma anche soggetti sociali, come società sportive, aziende produttrici, società editrici. Le porte sono aperte a tutti coloro che condividono questi ideali. Il no doping è uno stile di vita, un valore etico.

Come avviene il processo di certificazione?

L’ente certificatore cui ci affidiamo è Bureau Veritas, società internazionale che ha sede a Parigi e filiali in Italia. Con loro abbiamo messo a punto un sistema di certificazione di prodotto o di sistema, che consente di verificare come opera, per esempio, una società sportiva o una società nutraceutica o farmaceutica o anche una grande farmacia.

Presto, quindi, vedremo apparire sulle confezioni dei nutraceutici certificati il marchio Play Sure, doping free?

Sì. È la prima certificazione internazionale doping free per nutraceutici. Al termine dell’iter certificativo, l’azienda che ne ha fatto richiesta, per sé o per uno o più prodotti del listino, acquisisce il diritto di utilizzare il marchio sui propri prodotti, dal confezionamento esterno al materiale per la comunicazione.

Il marchio (che potete vedere nella pagina precedente) vale in 27 Paesi della UE e in Svizzera, e garantisce al medico, al farmacista e al consumatore la sicurezza del prodotto. Se sono uno sportivo e voglio prendere un integratore privo di sostanze dopanti, sono garantito al 100%. Il processo certificativo sui singoli prodotti prevede analisi chimiche di tutte le materie prime, controllo sulla provenienza della stesse e rispetto delle good practice (laboratory, manufactoring e clinical). Sono già sugli scaffali i primi prodotti certificati che, rispetto ai competitor, posso dire che hanno una marcia in più. I dati in nostro possesso ci confermano che il marchio Sure Play fa la differenza presso i “prescrittori”, medico e farmacista.

Un’ottima partenza, quindi…

Siamo orgogliosi dei risultati raggiunti, ma c’è ancora molto da fare, soprattutto per far conoscere l’associazione e il marchio e, soprattutto, la cultura della no doping life, che passa attraverso stili di vita corretti, alimentazione equilibrata e sana attività fisica. Sappiamo di essere sulla strada giusta. L’Italia è leader country in Europa sullo sviluppo degli integratori: aziende e formulatori si stanno mettendo in luce a livello internazionale per innovazione e brevetti in questo ambito. È giusto che il marchio doping free su integratori e alimenti sia un’idea italiana, che, tra l’altro, Bureau Veritas, l’ente certificatore, vuole esportare e promuovere in tutte le filiali europee